Filippo Bovio, direttore Quick Usa: “Ecco le chiavi del nostro successo”

Intervista a Filippo Bovio di Quick USA

Un viaggio negli Stati Uniti, per raccontare il Miami International Boat Show, può rappresentare  anche l’occasione per conoscere il volto americano di un’azienda italiana. Questo non significa trovarsi di fronte a una sorte di alieno alla casa madre. Ma se le caratteristiche fondamentali, la filosofia aziendale, sono quelle delle origini, la versione a stelle e strisce di una azienda che parte dalle sponde del Mediterraneo per approdare dall’altra parte dell’Oceano, qualche interessante peculiarità la mostra.

E’ il caso di Quick, colosso italiano che, dagli stabilizzatori giroscopici ai salpa ancora, dalle eliche di manovra ai boiler, propone alla sua clientela un catalogo di cinquemila prodotti. A mostrarci la fisionomia americana di Quick USA è Filippo Bovio, che negli Stati Uniti ne ha assunto la responsabilità.

Cinquantacinque anni, padovano, dopo una laurea in economia, nel 1988, lascia l’Italia per approdare negli Usa e iniziare una serie di esperienze manageriali che lo portano fino al ruolo di direttore per gli Stati Uniti di Quick.

Quando nel 2006 la nostra azienda ha aperto in America –ci racconta durante una pausa del lungo lavoro di incontri con i clienti presenti al salone – la necessità da soddisfare era quella di fornire una corretta assistenza alle imbarcazioni che arrivavano negli Stati Uniti con nostre attrezzature a bordo. La prima scelta strategica fu vincente, ossia quella di avviare una collaborazione con il gruppo Brunswick, che anche negli anni della crisi ha significato mantenere uno zoccolo duro di produzione destinata al mercato americano”.

Che cosa cambia negli anni per condurvi alla scelta di aprire una sede fisica?

Naturalmente i numeri in crescita. Crescono le richieste del mercato e cresce la necessità di una presenza permanente. Da qui la scelta di aprire un ufficio a Baltimora e un magazzino per iniziare ad avere uno stock che ci permetta di fare fronte alla domanda in modo tempestivo e costante per gli otto mesi successivi.

E qui iniziano a farsi sentire le differenze fra il mercato americano e quello europeo.  

Il mercato americano è certamente diverso e ci siamo dovuti adattare alle sue caratteristiche. Innazitutto siamo di fronte a una cantieristica soprattutto a motore, orientata verso la produzione di day cruiser oppure di barche anche di dimensioni più grandi, ma utilizzate molto spesso nello stesso modo. Questo ha una ovvia ricaduta sul tipo di prodotti che questo mercato assorbe maggiormente. Volendo ridurre il ragionamento in una sintesi numerica, diciamo che in Europa Quick è un’azienda che domina nel mercato delle imbarcazioni comprese fra i 50 e i 90 piedi e oltre. Negli Usa facciamo i volumi più importanti con una cantieristica che produce barche fra i 50 e i 60 piedi.

Quindi vi serve una conoscenza profonda del mercato locale e, per mantenere uno stoccaggio di otto mesi, anche un’idea precisa del suo andamento.

E’ necessario intuire la direzione che prende il mercato e fare previsioni accurate. Questo significa lavorare a stretto contatto con i cantieri per avere proiezioni accurate e sempre aggiornate.

Che cosa è Quick oggi negli Stati Uniti?

E’ una realtà che in 12 anni ha triplicato i dipendenti, ha un magazzino di oltre 2000 metri quadrati e copre il territorio attraverso quattro responsabili commerciali di altrettante aree: sud est e nord est, sud Carolina e Florida e Mid West, più uno per la costa del Pacifico. E soprattutto è un’azienda che ha consolidato, dal 2015, una crescita annua del 12%, il doppio del ritmo di crescita della nautica statunitense che si assesta sul 6%.

Parlando di previsioni, quali pensa che siano i prodotti che nel futuro più prossimo contribuiranno maggiormente allo sviluppo di Quick negli Usa?

 

Sicuramente manterranno una buona quota di mercato i nostri prodotti più consolidati, come i salpa ancora. Ma credo che due prodotti in particolare spingeranno molto sul mercato locale. Il primo è un’elica di manovra azionata da un motore elettrico senza spazzole, quindi senza problemi di surriscaldamento e di conseguenza adatto a un uso più prolungato. Il secondo, e probabilmento quello che vedrà una vera e propria impennata, è la nostra gamma di stabilizzatori giroscopici. Negli Stati Uniti, anche per il tipo di navigazione che fanno, molto più esposta al mare, poche rade, molte barche da pesca che devono stazionare, la cultura dello stabilizzatore è molto più radicata e sono convinto che l’evoluzione che abbiamo impresso ai nostri prodotti in questo settore sarà molto apprezzata da questa parte dell’oceano.

Nico Caponetto

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