Il tragico naufragio di fronte al porto di Rimini del 18 aprile 2017, in cui hanno perso la vita quattro persone, riporta in primo piano un tema spesso sottovalutato, ossia quello della responsabilità dello skipper. Quali siano stati gli elementi scatenanti di questa tragedia, e le eventuali responsabilità, lo appurerà l’inchiesta.
Quello che è certo è che lo skipper, o meglio, il comandante di una imbarcazione, si assume un’ enorme responsabilità ogni volta che molla gli ormeggi e conduce in mare un equipaggio anche se familiare o di amici. Una responsabilità morale, sempre; molto spesso civile e penale.
Questo grado di consapevolezza, soprattutto fra chi non naviga per professione, non sempre è presente. Se è vero che non ci si deve far schiacciare dal peso di questa responsabilità, al punto da rovinarci le vacanze in barca e stressare i nostri ospiti, è anche vero che non si devono sottovalutare gli effetti delle nostre scelte.
Spetta a noi, titolari della patente nautica e comandanti dell’imbarcazione, prendere ad esempio la decisione se uscire o meno in condizioni di cattivo tempo. Di per sè questa scelta non comporta nessun tipo di infrazione. Non è un sorpasso eseguito dove c’è un divieto, sanzionabile a prescidere dal fatto che si sia causato un incidente o meno. Abbiamo deciso che le condizioni meteo e quelle della barca e dell’equipaggio sono idonee per uscire in mare con un forza 8, nessuno può “multarci”. Ma in caso di incidente, dovremo rispondere noi, anche penalmente, di questa scelta.
Stabiliamo intanto che chi ha la responsabilità dell’imbarcazione, ossia quello che con un termine non proprio corretto viene definito skipper e che per la legge è il comandante, non è colui il quale sta al timone. A parte che fisicamente non sarebbe possibile stare alla ruota continuamente, c’è una circolare ministeriale del 1992 che stabilisce con chiarezza che la conduzione di una imbarcazione “non consista materialmente nel tenere il timone…ma nell’assunzione delle responsabilità del comando e nella direzione di tutte le operazioni necessarie alla navigazione che ben possono essere delegate a terzi”.
In caso di incidente insomma, anche se al timone c’è un amico o un familiare, il responsabile di quanto accaduto è comunque il comandante dell’imbarcazione. La legge parla chiaro, e lo fa attraverso l’articolo 2054 del Codice Civile, dove si stabilisce che “il conducente di un veicolo (per la legge anche una barca lo è) senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o cose … se non prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno”.
Il codice della navigazione, all’articolo 414, stabilisce che nel trasporto a titolo amichevole, quindi la gran parte dei casi in cui navighiamo come diportisti con a bordo amici, la responsabilità del comandante è applicata solo nel caso in cui si sia comportato in modo negligente o imprudente. Nel 2013 però, una sentenza della terza sezione della Corte di Cassazione ha stabilito che “Non vi è, quindi, alcuna ragione per assegnare, nel diporto nautico, all’art. 2054 cod. civ. un ambito applicativo diverso da quello che gli è stato riconosciuto nella circolazione stradale”.
Insomma, lo skipper negligente, in caso di danni, paga e lo fa anche sul piano penale di fronte a reati quali le lesioni colpose o l’omicidio colposo.
La giurisprudenza offre una miriade di esempi di condanne a carico di kipper che si sono resi responsabili di comportamenti irresponsabili e, viceversa, di assoluzioni, anche in casi gravissimi, perchè era dimostrabile come l’incidente e magari anche la morte di un membro dell’equipaggio, fosse da attribuire a un fatto fortuito e che il comandante tutto aveva fatto per condurre la navigazione in sicurezza.
Leggi e codici a parte, resta la questione morale. Come detto, nel momento in cui usciamo in mare con delle persone, anche durante una breve crociera, siamo responsabili non solo del benessere di queste persone, ma soprattutto della loro sicurezza. Oltre a essere coscienti della nostra preparazione, dobbiamo scrupolosamente verificare che tutto sia in ordine a bordo, che le dotazioni siano efficienti e raggiungibili, che i mezzi di salvataggio (giubbini, zattera, anulare, cinture) siano raggiungibili e utilizzabili in pochi istanti, che le condizioni meteo siano buone e praticabili in funzione della rotta ma anche del tipo di barca e persone che abbiamo a bordo. Istruiamo i nostri ospiti sull’uso delle dotazioni e della radio, senza timore di allarmarli o di innervosirli. Basta spiegare che si tratta di una procedura, né più né meno come quella che si segue in aereo.
E dobbiamo anche non temere di renderci antipatici, e dire dei no. Skipper molto più simpatici di noi hanno permesso sciocchezze che si sono spesso concluse senza incidenti, qualche volta, invece, con esiti drammatici.
Una volta fatto tutto quello che serve con scrupolo e serietà, non ci resta che dedicarci alla nostra passione e divertirci insieme ai nostri amici.