Un’avaria, più o meno seria ma irreparabile per le nostre capacità. Ed ecco che scatta la necessità di un soccorso. Anche se si tratta di un semplice rimorchio in porto, resta comunque una operazione di soccorso.

Fermo resatando l’obbligo per tutti di intervenire in soccorso di una unità in difficoltà, sino ad oggi il tutto era regolamentato, o meglio lasciato alla più ampia e libera interpretazione e discrezionalità, dall’articolo 491 del codice di navigazione emanato nel 1942.

Oltre all’obbligo di intervento, quell’articolo stabiliva che chi interveniva in soccorso doveva ottenere una indennità proporzionale al valore della barca e di tutte le cose contenute in essa. Insomma, una giungla.

 Ora tutto potrebbe cambiare. Usiamo il condizionale perchè fino ad ora è stata approvata solo una mozione, presentata da due parlamentari, Vincenzo Garofalo e Andrea Causin, che impegna il governo a varare una legge per regolamentare i casi di soccorso in mare portato da privati.

Quindi per il momento, e fino a quando la legge cui il governo si è impegnato a mettere mano non sarà scritta ed emanata, nulla sarà diverso. In caso di necessità in mare, o ci si rivolge a società specializzate che applicano le loro tariffe, oppure, se ci si avvale dell’intervento di un privato diportista come noi, si può contare solo sullo spirito di solidarietà o sborsare una cifra da pattuire prima di lanciare le nostre cime per un rimorchio che sanciscono l’accettazione della cifra pattuita.

Ricordando sempre che in caso di intervento della Guardia Costiera, i militari hanno solo l’obbligo di prestare soccorso alla vita umana e non di effettuare traini.

A legge approvata tutto invece potrebbe cambiare: obblighi e doveri chiari, tariffe trasparenti, probabile riduzione dei costi delle polizze assicurative una volta eliminata la discrezionalità sui compensi.

Naturalmente, tutto dipenderà dai contenuti della legge e dalla sua qualità.

 

 

 

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