La straorza: le cause e i possibili rimedi

Ecco perché si finisce in straorza e quali sono le mosse per evitare che qualcuno voli in mare 

La barca parte, inizia una violenta e veloce risalita verso il vento, si inclina e sbanda sempre di più, l’equipaggio finisce al tappeto, a bordo c’è chi si aggrappa ai winch e chi finisce in fondo al pozzetto. Siamo in straorza. E se tutto questo accade di bolina, senza ostacoli sopravento, poco male: la barca finisce nel letto del vento e si raddrizza. L’unico serio rischio è che qualcuno voli in mare nel momento in cui la straorza ci sdraia. Ed è questo l’unico vero pericolo da evitare assolutamente.

Ma se siamo alle andature portanti e magari sotto spi, allora è tutto un altro discorso. In questo caso, prima che la barca si disponga al vento, ci troveremo traversati al mare e, se è grosso, i guai sono seri.

Se poi abbiamo anche lo spi a riva, fino a quando qualcuno non riesca a “spararlo”, la pressione del vento sulla vela ci terrà sdraiati con le crocette in acqua. In tutti i casi l’imperativo è quello di uscire velocemente da questa situazione.

Prima di vedere in che modo risolvere la situazione, rispondiamo a una semplice domanda: perché si finisce in straorza? Condizioni eccezionali a parte, il più delle volte è per disattenzione. Con un buon randista e una discreta sensibilità che ci permetta di vedere arrivare le raffiche, il più delle volte si può prevenire la causa di questa repentina e incontrollata reazione della barca, semplicemente poggiando e lascando.

Quello che ci spinge così inesorabilmente verso il vento è infatti un improvviso aumento della pressione sulla randa quando siamo sotto raffica, associate al conseguente repentino arretramento del centro velico e al forte improvviso sbandamento che rende molto più portante la parte sottovento delle vele. Queste situazioni,  sommate tutte insieme, sono le cause della improvvisa perdita di controllo.

Nelle andature portanti, soprattutto sotto spi, uno degli elementi che determina la straorza è anche il rollio che è sempre presente. Se infatti randa e simmetrico sono bilanciati tutto va bene, ma una forte rollata sottovento e magari una contemporanea raffica che produce pressione sulla vela maestra, creano le condizioni per finire in straorza.

Se non siamo riusciti a prevenire queste cause, facendo lavorare a dovere il timoniere e il randista e sentiamo che la barca ci è sfuggita di mano, appendersi alla ruota o alla barra cercando di spingere lo scafo alla poggia è del tutto inutile, è ormai troppo tardi.

La prima cosa da fare è scaricare la pressione dalla randa lascando la scotta velocemente. E’ questa l’unica soluzione sulle barche da crociera, dove il carrello del trasto di randa è molto corto e spesso poggiato sulla tuga, quindi davvero poco efficace.

Ma come detto, se siamo di bolina, e non abbiamo sopravento qualche altra barca nelle vicinanze, il problema si risolve quasi da solo con una momentanea perdita di controllo.

Il fiocco ha un ruolo importante per uscire dalla straorza quindi bisogna rifuggire la tentazione di lascarlo magari spinti da un malsano istinto. La vela di prua ci aiuta a poggiare e riprendere l’andatura.

Se siamo in poppa sotto spi, tutto è più complicato. Prima di tutto perchè la forza con cui la barca sfugge all’orza è formidabile, ci sono randa e spinnaker che lavorano insieme per complicarci la vita. Poi perché, prima di finire nell’angolo morto, la barca sarà traversata al mare e al vento. Una situazione di per sé già difficile, complicata dalla presenza dello spi, che investito dall’aria funziona come una immensa scodella che si riempie e si appesantisce di una pressione che tiene la barca coricata.

Lascare la scotta randa non serve a molto in poppa; molto più efficace è lascare il vang, in modo da far salire il boma e depotenziare subito la randa. Ma in piena straorza, il nostro pensiero fisso deve essere lo spi: filare la scotta e liberarlo dalla pressione del vento è l’unica possibilità che abbiamo per raddrizzare la barca.

Riassumendo: parte la straorza, laschiamo vang, filiamo scotta dello spinnaker e poi scotta di randa.

A questo punto il timoniere potrà poggiare nuovamente e riprendere l’andatura.

Redazione

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