Timoneria con doppia pala, una moda o una necessità?

Al Boot 2017 di Düsseldorf, da una certa posizione del padiglione 16, era possibile vedere il ClubSwan 50 e il nuovo Hallberg-Rassy 44. Due barche decisamente lontane come concezione d’uso: monotipo ultramoderno la prima; crocierone con pozzetto centrale e aspetto molto tradizionale la seconda.

In comune, oltre al blasone dei cantieri, anche la doppia pala del timone. Doppia pala anche sull’Oyster 675, ultima proposta del cantiere inglese noto per i suoi blue water cruiser eleganti e affidabili, e stessa soluzione anche per l’RM 970, la primizia del cantiere francese che invece punta sulla pragmaticità e l’aspetto essenziale.

Insomma, la doppia pala piace. Ma se una scelta come questa va bene per progetti tanto diversi come quelli sopracitati, come mai non è presente in tutte le barche? In altre parole: la doppia pala a chi è adatta?

Immagine che evidenzia la posizione delle appendici a barca sbandata.

Partiamo da un dato di fatto: oggi le barche sono più larghe di quanto lo fossero 50 anni fa, ma soprattutto hanno forme totalmente differenti, in particolare nelle sezioni posteriori.

“Le poppe attuali sono molto larghe, un 40’ è come un 80’ di 50 anni fa tagliato a metà: è come se terminassero tronche” – semplifica il progettista Lorenzo Argento – “per cui quando sbandano, anche a poppa la mezzeria della barca tende ad allontanarsi dal pelo dell’acqua e ciò impone che la pala centrale debba essere molto lunga per lavorare in maniera efficiente”.

Disegno di Francois Chevalier  del Vo 70 Movistar, di prima generazione con un’unica pala del timone. Si noti la posizione molto avanzata.

C’è un rovescio della medaglia: quando un’appendice ha il cosiddetto profilo ad alta efficienza, vale a dire stretto e allungato, è più sensibile alla variazione di flusso intorno a sé, in altre parole stalla più facilmente, perde il suo moto laminare, non ha più portanza e diventa di fatto inutile.

“Se vediamo le linee d’acqua di un clipper – ricorda un altro importante progettista, Sergio Abrami – ci si accorge che il timone è di fatto un trim tab, un alettone della chiglia: la direzione della barca era data dalla vele, si governava con le vele, il timone serviva solo a decidere gli aggiustamenti di fino”.

“Inoltre, quando la barca sbanda, si apprua – gli fa eco Argento – di conseguenza la poppa si alza e ciò contribuisce ulteriormente a ridurre la parte bagnata del timone e quindi la sua efficacia”.

Linee d’acqua disegnate da Francois Chevalier del Vo70 Groupama con doppia pala del timone: come si può vedere sono all’estrema poppa.

Una soluzione è quella di portare il timone singolo più a prua con l’effetto collaterale di avere una barca più nervosa. In termini stradali si direbbe un mezzo con passo più corto: avvicinare timone e deriva rende lo yacht molto più maneggevole, ma anche meno stabile di rotta. Per questo si è cominciato a usare la doppia pala.

“Più che cominciato si è tornati a usare la doppia pala- specifica il progettista Sergio Abrami -. Per tutta l’antichità e fino al Medio evo, le navi avevano i timoni a murata, che poi erano in sostanza remi, e non il timone centrale, che si è affermato solo in tempi più recenti”.

Come dire, la pala singola è un’invenzione moderna. “A parità di superficie immersa, i pezzi che mi servono per costruire due timoni non sono grandi la metà di quelli usati per costruire una pala sola, ma sono ancora più piccoli e ciò riduce il peso totale. Di contro, raddoppia il lavoro in fase costruttiva e raddoppia la manutenzione necessaria”, spiega ancora Abrami. In più, per funzionare bene, le pale devono essere vicine allo specchio di poppa e molto esterne e ciò incrementa il rischio di risucchio d’aria e di conseguente cavitazione da parte dell’appendice che poi non riesce più a direzionare la barca”.

 

Hugo Boss di Alex Thomson con il timone sopravento basculato.

Riprende Argento: “L’uso che si fa della barca, più che le sue dimensioni, indica quale soluzione applicare. Per esempio, il WallyCento Magic Carpet Cubed è nato con doppia pala, ma dopo due stagioni è stato modificato a pala unica: si è visto che per come è usata questa barca il timone singolo è più adatto. Se invece prevediamo una navigazione in cui la bolina è la minima parte del tempo passato in regata perché l’obiettivo principale è volare alle portanti – e di conseguenza le loro forme sono molto larghe con la possibilità di collocare due pale molto più prossime alle murate –  davanti alle depressioni come per un Imoca 60 o per un racer come il 100’ Comanche, allora va bene la doppia pala. Lo scafo sbanda come previsto, la pala sottovento sta sempre in acqua bella verticale, mentre quella sopravento sta sempre fuori dall’acqua, riducendo l’attrito. Non a caso su barche come Hugo Boss di Alex Thomson il timone sopravento viene basculato a bandiera come su una deriva”.

L’impressionante poppa del 100′ Comanche. Come si vede la pala sopravento è quasi totalmente esterna all’acqua.

Questo tipo di barche sono definite monomarani, più che monoscafi. È come se fossero due semibarche, una destra e una sinistra, unite longitudinalmente, la prima una pensata per navigare sbandata di 20 gradi mure a dritta, la seconda 20 gradi mure a sinistra. Quindi un timone per la barca di dritta e uno per quella di sinistra.

Due Tp52, poppa larga, ma pala unica.

Se questa configurazione non è quella che accompagna il veleggiare, se in altre parole non avete in mente prestazioni estreme e navigazioni al limite, allora è meglio restare fedeli alla pala singola.

“Fate un esperimento la prossima volta che siete in barca: mettete una mano in acqua sentite quanto attrito produce. Ecco, il secondo timone è qualcosa che offre lo stesso tipo di attrito in più, quindi se non è necessario per quanto detto sopra, diventa dannoso”, chiosa Argento.

L’Oyster 675, con doppia pala, come si vede nel rendering.

In caso di doppia pala ci sono poi anche altre considerazioni che complicano progetto e installazione. Una è quella relativa a ciò che in auto è chiamato angolo di Ackermann: durante una curva, la ruota più interna compie un angolo più stretto rispetto a quella esterna perché deve percorrere meno strada. Stessa cosa succede in barca: le pale non devono muoversi parallelamente, ma con angoli differenti, altrimenti una delle due pale non lavora più con moto laminare, ma viene trascinata in acqua turbolenta e così oltre a rallentare la barca si rischia di avere un freno al cambiamento di rotta invece che un’agevolazione.

La poppa e le due pale del ClubSwan 50.

Legato alla doppia c’è di sicuro un vantaggio, aumenta lo spazio di stivaggio messo a disposizione a poppa. I due assi dei timoni lasciano libera la parte mediana dello scafo dove può trovare posto un tender garage. Talvolta, quindi, si opta per questa configurazione più per motivi di comodità che di reale efficienza nautica. Quindi, doppia pala sì o no? La risposta, come spesso accade nella vela è: dipende, se avete una barca molto larga a poppa che sbanda molto e che deve correre veloce, raddoppiate la pala, in tutti gli altri casi, lasciate la singola.

Giacomo Giulietti

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  • La didascalia della foto della poppa del 100' Comanche è clamorosamente sbagliata; è ovvio che la pala fuori dall'acqua è quella sopravvento e non quella sottovento.

    • Caro Lettore,
      La ringraziamo per l'attenzione, abbiamo provveduto a correggere il refuso sulla didascalia

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