tradizione attraverso i miti e le scaramanzie del mare
Anticamente la costruzione di una imbarcazione seguiva rigidi rituali di profonda sacralità. Erano tempi in cui gli dei decidevano della vita e della morte degli uomini, tempi in cui il loro favore decretava la riuscita o meno delle imprese, battaglie, raccolti, amori, viaggi. Insomma i tempi in cui la “captatio benevolentie” cambiava le sorti dell’essere umano. Costruire una barca e navigare tra le acque del mare significava sfidare Poseidone. La “hybris”, l’orgogliosa tracotanza umana, contro la “Tisis”, la punizione divina.
Nascono così i riti propiziatori, pegni dovuti alla divinità per accattivarsene la simpatia. Il tempo ha stemperato le antiche tradizioni rendendo invisibili i confini fra mitologia e leggenda Nel panorama della nautica le “navi dalle gote purpuree” di omerica memoria (undicesimo libro dell’Odissea) rappresentano un buon esempio del suggestivo legame tra passato e presente. Le gote purpuree non sono altro che la prua della nave impregnate, durante il varo, di sangue bovino sacrificato alle divinità. Secoli dopo per la cerimonia di varo di una imbarcazione si è ritenuto più “opportuno” utilizzare il vino rosso. Oggi è noto a tutti l’utilizzo della bottiglia di Champagne. La leggenda trova spazio anche in questo rito di antica tradizione consegnandoci suggestivi racconti. Si narra che il dio del mare appunti con estrema precisione il varo di ogni imbarcazione: nome, data, ora. Questo gli permette di collocare in qualsiasi punto del mare ogni barca. Cambiarne il nome significa prendere in giro Poseidone e scatenare le sue ire. Oggi sappiamo che questa usanza fu introdotta dalla marina militare per controllare le imbarcazioni rubate dai pirati.
Diverse cerimonie, alcune ormai rare come quella della “moneta” si avvicendano nel panorama nautico. Il rituale della costruzione navale degli antichi romani, per dirne una fra tante, prevedeva la posa di una o più monete sulla chiglia in corrispondenza dell’albero maestro: se la nave fosse affondata le monete sarebbero servita a pagare Cheronte, il traghettatore di anime nell’aldilà. Oggi questa tradizione resiste solo in alcuni cantieri siciliani.
La tradizione delle polene invece nei secoli si è persa. Erano stati i vichinghi ad introdurre l’uso di strutture lignee poste a prora dei “Drakkar” anche se andando indietro nel tempo i greci issavano a prora il vello della capra. Tradizioni, mitologia greca e leggende spesso si fondono ed è difficile trovarne le fonti, diventano dunque semplici credenze o superstizioni.
Le credenze popolari marinare sono innumerevoli molte conosciute altre meno, alcune sensate altre buffe. Il verde assolutamente vietato in barca sembra derivi dall’ossidazione dei chiodi in rame nelle antiche imbarcazioni: chi avrebbe mai intrapreso un viaggio su una nave sgangherata? Le scarpe non si indossano a bordo, in vero solo quelle “da festa”, cioè quelle nuove, perché la tradizione vuole che sia il defunto ad indossare scarpe nuove. Il passo è breve da “defunto” a “scaramanzia”! E mi raccomando assolutamente vietato dire addio ad un pontile… qualcuno vi potrebbe mandare a quel paese!