La traina alla leccia : luoghi migliori

La traina alla leccia alle foci dei fiumi

Trainando in cerca di lecce vicino alle foci dei fiumi, la nostra azione di pesca si svolgerà in aree caratterizzate da batimetriche piuttosto basse. La leccia è un pesce che caccia nelle fasce alte d’acque e in queste zone più che mai la nostra traina sarà prevalentemente svolta in superficie, o a mezz’acqua.

I pesci attaccheranno indifferentemente le esche trainate completamente a galla sia quelle che, filate con una seconda canna, potremo affondare di qualche metro con l’ausilio di un leggero piombo, da 50-150 grammi. Sarà particolarmente entusiasmante la pesca in superficie per il semplice fatto che potremo assistere ad attacchi che ci toglieranno il fiato.

Non sempre la leccia prende il cefalo e lo ingoia, capita non di rado di assistere ad attacchi ripetuti in cui il cefalo scappa con salti fuori dall’acqua.

A volte la leccia lo prende e lo lascia, arrivando a volte a spingerlo con forza diversi centimetri al di sopra della superficie. Se dovesse capitare di vedere la leccia rincorrere il muggine senza sferrare l’attacco, uno dei trucchetti vincenti può essere quello di liberare la frizione (o aprire l’archetto in casi di mulinelli a bobina fissa) e lasciare al muggine la libertà di scappare in maniera naturale e nella direzione da lui scelta.

In alternativa, potremo tentare di accelerare la fuga del pesce recuperando velocemente. In questo ultimo caso, spesso capita che la leccia sferri il suo attacco molto vicino all’imbarcazione.
In merito alla distanza dell’esca dalla barca in fase di traina, ho assistito a situazioni in antitesi l’una con l’atra. Generalmente, effettuando la traina alla leccia in superficie in aree tranquille e poco frequentate, ho notato che è molto efficace filare le nostre esche lontane dallo specchi di poppa dai sessanta ai cento metri.
Questo non è così importante in zone molto frequentate dalle imbarcazioni come possono essere le grandi foci: ho assistito, in queste aree ad attacchi avvenuti mentre si filava l’esca in acqua a non più di sette o otto metri dalla barca. Anche in foce, comunque, cerco di filare un’esca a galla posizionata più lunga, intorno ai 50-60 metri (sempre se la frequenza di barche che entrano ed escono dal fiume lo consente), ed una seconda lenza affondata di qualche metro con un piombo, situato ad una distanza dall’esca di 25-30 metri.

Vicino ai porti e in mare aperto

La traina alla leccia nelle aree antistanti i porti è sempre molto redditizia specie durante i mesi più caldi e in quelli autunnali. Come è noto, i porti ospitano una quantità di pesce foraggio che rappresenta un grande richiamo per le lecce che spesso si spingono all’interno della zona portuale a caccia di grossi muggini, lecce stella, boghe, aguglie e, nei porti più grandi e profondi (potrei portare l’esempio di quello di Civitavecchia, da me molto frequentato), anche branchi di pesce azzurro come lanzardi, grandi sugherelli e piccole palamite.

E’ davanti ai grandi porti che è più alta la possibilità di incontro con lecce extra large. In queste zone abbiamo fondali che vanno dai 15 ad oltre 25 metri. In tali aree la traina alla leccia con il vivo la paragonerei alla pesca che si effettua in molte zone della Sardegna o Toscana (potrei portare l’esempio di aree antistanti il promontorio dell’Argentario) in cui già nel sottocosto possiamo trovare situazioni di secche, cadute e risalite in cui velocemente si può passare da 40 a pochi metri d’acqua. Aree in cui si creano giochi di corrente molto interessanti che catalizzano molte specie di pesce foraggio: sugarelli, boghe, piccoli lanzardi, alacce, occhiate, aguglie e altre specie ancora.

 

Mentre davanti ai porti sono il muggine, i grossi sugheri e le aguglie le esche migliori, nelle aree di mare aperto il muggine rende sicuramente meno rispetto alle ultime due specie elencate.

In entrambi i casi, dovremo cercare le nostre lecce anche a maggiori profondità, infatti, mentre con una lenza sonderemo i strati superficiali, caleremo una seconda canna a mezz’acqua.

Poiché stiamo parlando di fondali non eccessivamente profondi, un piombo tra i 150 e 300g (peso da scegliere in funzione della corrente, della velocità di traina e del diametro della lenza impiegata) sarà più che sufficiente, oppure, potremmo optare per una piombatura spezzata che, in molti casi, ci permetterà una presentazione dell’esca ancor più naturale e accattivante per il predatore.

Attrezzature, lenze ed inneschi

Per la traina alla leccia col vivo, sarà necessario l’impiego di canne con una vetta piuttosto sensibile, che ci permetteranno di notare con facilità le vibrazione dell’esca nel momento in cui il predatore si avvicina all’esca. Questa caratteristica sarà importante anche durante le prime fasi di abboccata: una vetta sensibile non permette al predatore di scorgere con facilità il nostro inganno.

Nello stesso tempo, però, dovremo scegliere una canna da traina alla leccia che si distingua anche per una buona schiena, ovvero, caratterizzata da una notevole forza elastica e, quindi, una capacità di rientro che ci possa facilitare nei combattimenti con le lecce di grossa mole.

Un maneggevole mulinello rotante, con un max drag tra le 20 e le 30 lb, farà al caso nostro. In bobina, potremo impiegare del filo trecciato tra le 30 e le 50 libre. Questo verrà collegato, mediante un PR knot, ad un preterminale di circa 25/30m metri di nylon dello 0,60 mm. A questo punto, tramite una resistente girella, uniremo al preterminale in nylon un finale di circa 2,2/2,5 m di lenza in fluorcarbon dello 0,60/0,70 mm.

Emiliano Gabrielli

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