L’umanità raccontata attraverso una fiaba
-Mamma l’incantesimo ha trasformato anche il mio amico Hassan e sua sorella Aisha. –
-Dormi tesoro-
-Ma il drago farà l’incantesimo anche a noi?-
-Chiudi gli occhi, domani ci aspetta un lungo viaggio-
-Quello sulla balena che ci porterà da Latakia all’ Italia, non è vero?-
-Proprio quello. Adesso dormi.-
-Sì, però tu mi racconti del drago.-
La mamma di Huda cominciò la favola.
-C’era una volta un uomo con una macchia bruna sotto l’occhio…-
-Come quella di papà?-
-Ogni mattina sotto la pioggia di ferro…-
-Come quella che distrutto il nostro tetto?-
-Ogni mattina sotto la pioggia di ferro l’uomo con il suo camion cisterna…-
-Come quello dello zio?-
-Si tesoro, ma lasciami raccontare. Con il suo camion cisterna l’uomo che si chiamava Kamal, andava a Deir el-Zor a caricare il petrolio per rivenderlo poi nella sua città. Un giorno proprio davanti al giacimento, un drago baffuto tutto scuro e con una grande bandiera nera fra le zampe, bloccò l’uomo. Non puoi più prendere niente da qui capito? Gli disse feroce. Kamal protestò: pago regolarmente tutto al governo di Damasco. Rivendo a Mossul…-
-Dove viviamo noi-
-Rivendo il petrolio nella città di Mossul a Yasif per il generatore dell’ospedale, a Jameel per il generatore del suo negozio e ad Aarif per i suoi trattori. Niente. Il drago scuro non sentì ragioni. E con un incantesimo trasformò Kamal in sabbia. Il vento soffiò forte e la sabbia salì in cielo. Lì nel cielo, stretta da mille metri di tessuto scintillante la moglie di Kamal gli andò incontro. Così bella non l’aveva mai vista. Pioggia di sciroppo di zucchero sulla sua testa e pavimenti di dolcetti: Kunafa, Bakalawua e Mamu. In un angolo dietro la nuvola i suoi quattro figli mangiavano una grande torta ricolma di amarene. Li abbracciò e li sbaciucchiò per bene. Da un pozzo poco più in la un gaiser lanciava per aria peluches, macchinine e bambole…–
Il boato interrompe il racconto. Un lampo lontano illumina lo spazio. Pareti dilaniate, vetri delle finestre rotti e milioni di fori sul soffitto. Odore di polvere da sparo. Le gambe di Huda intrappolate sotto le macerie della sua stanza. La mamma sdraiata vicino a lei le accarezza il viso. Solo con una mano però, l’altra è qualche metro più in là. Il corpicino del fratellino nella culla trafitto da un tubo di ferro.
-Mamma voglio anche io la torta gigante piena di amarene-
-La mangerai amore. Presto saremo sabbia anche noi-
C’era una volta Huda. C’era una volta la mamma di Huda. C’erano una volta la casa, la scuola e la città di Huda. C’era una volta la Siria.
Centotrenta pozzi di petrolio, duecentosessanta giacimenti di gas naturale questo l’incantesimo che ha trasformato in sabbia le città di Mossul, Raqqa, Halfaya, Ghouta, Khan Sheikhun, Palmira e molte altre.
Più di cinquecento mila morti negli ultimi sei anni. Più di duecento mila bambini.
Più di tredici milioni di persone, negli ultimi undici anni, costrette a scappare o sfollate nei paesi confinanti come il Libano dove restano rinchiuse in campi di detenzione, picchiate, seviziate, torturate.
Nell’ultimo anno soltanto l’1,3 % della popolazione che ha tentato di fuggire attraversando il Mediterraneo è giunta viva sulle nostre coste. Tutti gli altri morti.
Se questa è umanità.
(dati tratti da Syrian network for Human rights. Report 18.03.22)