Un viaggio che forse non finirà mai. La storia di un vero “giromondista” italiano

“Un viaggio che forse non finirà mai”, scriveva Andrea Pestarini come sottotitolo al suo libro qualche anno fa. Il titolo, ovviamente, era il nome della barca, Mai Stracc. E il tempo gli sta dando ragione: il viaggio non finisce, ma cambia pelle. Dalla vetroresina al ferro, dal Mai Stracc a Durlindana, Andrea e Chicca, sua moglie, continuano il viaggio. Quello che cambia è che non saranno più soli (o in compagnia del Mostro, il gattino bianco e nero che li ha accompagnati in giro per il mare), ma con la loro esperienza e una barca più grande prenderanno a bordo chi avrà voglia di andare a vela in modo diverso dal solito.

Andrea Pestarini ha sempre fatto il marinaio: ha cominciato a navigare da ragazzo, si è imbarcato appena ha avuto l’età minima, e non si è mai fermato. Dal 1992 al 2002 su e giù per l’oceano Atlantico, prima per le Colombiadi, poi per l’ARC, con barche da regata “titrate”, poi con la Compagnia degli Skipper Oceanici e la sua nuova barca, il Mai Stracc, un Westerly 36. Chicca, invece, faceva tutt’altro, ma si è imbarcata anche lei sul piccolo ketch, per passare Panama e “perdersi” in Pacifico. Andrea, Chicca, il Mostro e il Mai Stracc arrivano fino alla Malesia, passando per le Hawaii, le Marchesi, le Tuamotu, le Isole della Società, la Polinesia, la Nuova Zelanda.

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Si sa, in Pacifico si può passare un vita a navigare tra atolli e reef, ma per chi cerca paesaggi (ed emozioni) puri, sono le alte latitudini a lanciare il richiamo più forte. E così il Mai Stracc mette la prua a nord e arriva in Alaska, latitudine 62 nord. Ascoltare Andrea e Chicca raccontare di quei posti è già un viaggio: il ghiaccio dai riflessi blu, il silenzio straordinario della natura, la meraviglia di arrivare a tutta vela in una baia verde dove nuotano le balene e gli orsi cercano i mirtilli a riva. Ma c’era ancora il Grande Sud da scoprire…

Quindi di nuovo in Pacifico, passando per San Francisco e la Baja California, fino a Thaiti. Da qui, in solitario, Andrea naviga per 4.500 miglia fino al Chile per poi avventurarsi nei canali della Patagonia e arrivare ad Ushuaia attraverso lo Stretto di Magellano. Venti a 70 nodi, passaggi complessi, la condivisione di esperienze di vela estreme con il gruppo di velisti che abitano a Ushuaia e che sono tra i pochi a conoscere i segreti per navigare tra i ghiacciai.

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Nel 2011 Andrea e Chicca decidono di passare anche questa linea immaginaria, e portano il Mai Stracc in Antartide, a 66 gradi di latitudine sud: “Un’esperienza incredibile, difficile da raccontare e da comprendere”, dice Andrea Pestarini, “Quando abbiamo avvistato Capo Horn dopo aver superato il Canale di Drake, tornando a nord, ci siamo detti ‘siamo a casa’”. Sentirsi al sicuro a Capo Horn dà un’idea di cosa possa significare navigare laggiù, ma forse è la bellezza di quel paesaggio incontaminato la cosa più difficile da spiegare.

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Quella di Andrea per il mare è una passione, ovviamente, ma è anche una scelta che ha significato fare molte cose oltre a navigare, perché le barche costano “tutti soldi che hai e molti di più”, come diceva Moitessier: lavoretti di ogni tipo in ogni porto di scalo, tutta la manutenzione da solo, mentre Chicca lavorava da qualche parte a terra. Negli ultimi anni hanno portato uno sloop di 72’ dalla Nuova Zelanda a Thaiti e poi in Polinesia, Honolulu, Alaska e costa ovest degli Stati Uniti, ma troppo forte è stato di nuovo il richiamo di navigare a modo loro, e così è nata l’idea di Durlindana. Un ketch in ferro di 70’, gemella di Adriatica, che li porterà ancora verso le mete che amano di più, facendo charter: Brasile, New York, Groenlandia, San Blas, Polinesia e Alaska per poi tornare in Patagonia e in Antartide.
Per ora Andrea, Chicca e Durlindana sono in cantiere, a prepararsi per le lunghe navigazioni che dovranno affrontare. Ma una volta finite le ispezioni, le saldature e i lavori di falegnameria, in autunno, il viaggio riprenderà.

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