Intorno alle tecniche di recupero dell’uomo in mare, abbiamo già scritto più volte. In un caso, abbiamo anche sperimentato in navigazione con Matteo Miceli la procedura che il navigatore solitario reputa più efficacie.
Oggi non è di tecnica che vogliamo parlare ma di comportamenti.
Si tende a pensare, e in parte è vero, che il rischio di caduta fuori bordo sia molto più alto di notte e in condizioni meteo impegnative. Ed è vero. Nulla da dire sulla notte, quando il buio, la visibilità ridotta, la maggiore stanchezza, concorrono ad innalzare il livello di rischio.
Per quanto riguarda le condizioni meteo invece, è fuorviante pensare che solo una situazione di tempo cattivo, se non di burrasca, possa potenzialmente innescare l’incidente. Anche in estate, in una giornata di bel tempo, è sufficiente un vento fresco e un’onda modesta, perché una barca di piccole dimensioni possa essere sorpresa da un onda di altezza fino a tre volta maggiore di quella media. Non si tratta di un’onda anomala, ma di un fenomeno che si verifica normalmente quando i treni di onde si sommano fino a generarne alcune moto più alte di quelle cosiddette significative.
E’ vero che di giorno, e in condizioni di tempo buono, il recupero è più facile. Ma non è affatto scontato. Il naufrago infatti, può perdere conoscenza finendo in acqua, oppure la reattività dell’equipaggio o di chi comanda la manovra, è scarsa e di conseguenza la distanza fra la barca e la persona caduta diventa in poco tempo tale da perderla di vista, oppure la causa della caduta sta in un improvviso sbandamento sotto straorza causato da una serie di raffiche arrivate sotto un temporale estivo, che magari dura pochissimo, ma la barca manovra a fatica e le condizioni diventano, anche se per pochi minuti, difficili, con acqua nebulizzata dal vento, pioggia forte, raffiche. Quando anche solo una decina di minuti dopo tutto torna nella calma, la possibilità di ritrovare una persona ormai lontana anche solo mezzo miglio, è davvero remota.
E’ evidente che prima di tutto si debba scongiurare l’incidente eliminando o riducendo al minimo i rischi.
Di notte, anche in condizioni di mare piatto e navigazione a motore, indossare il giubbino ed essere legati è la condizione minima di sicurezza anche se si sta seduti in pozzetto. Se poi ci si deve muovere in coperta per qualsiasi ragione, occorre agganciare il penzolo o cintura alla life-line. Non solo il rischio di scivolare e perdere l’equilibrio su una coperta magari bagnata dall’umidità notturna è maggiore, ma anche un’onda alzata da una nave che passa a poca distanza, e resa invisibile dal buio, può generare un rollio fatale.
Di giorno, con cattivo tempo, vale la stessa regola ovviamente. Ma anche in condizioni di tempo buono, alle prime avvisaglie di un temporale estivo, le persone che restano in pozzetto devono indossare il giubbino e legarsi alla life-line.
In tutti i casi, non si deve mai sopravvalutare la nostra forza e resistenza fisica. Se anche siamo persone allenate, fisicamente in forma, non abbiamo alcuna possibilità di opporci alle forze in campo quando gli elementi naturali si scatenano. Pensare di potere resistere abbracciati all’albero, o a un winch, nel caso di uno sbandamento repentino, rollate violente o addirittura quando la barca si corica a 90 gradi, è nella gran parte dei casi un’illusione.
Dobbiamo avere chiaro, quindi, che le nostre forze fisiche a confronto con quelle degli elementi naturali sono ben poca cosa.
Non possiamo confidare sul bel tempo. A parte la possibilità, soprattutto in Mediterraneo, di bruschi cambiamenti rispetto alle previsioni, abbiamo visto che le circostanze che possono innescare una caduta furoi bordo sono diverse, sia di giorno che di notte.
Non considerare mai, per nessuna ragione, le draglie, i candelieri e i pulpiti, come elementi di sicurezza cui fissare life-line o cinture di sicurezza.
Infine, soprattutto se la nostra crociera prevede navigazioni in altura, non possiamo accontentarci delle dotazioni obbligatorie ma dobbiamo pensare ad integrarle.
Dotazioni
Partiamo subito da una dotazione personale che non è obbligatoria. Il giubbino autogonfiabile. Non che questo sia più efficace nel tenere a galla una persona, rispetto a quello obbligatorio. La sua vestibilità contribuisce però a sconfiggere l’inerzia di gran parte dei diportisti che si sentono, a ragione, molto impacciati nei movimenti dal quello tradizionale. Inoltre, una volta indossato, è di per sé una imbracatura, cui possiamo fissare il penzolo che non deve essere più lungo di un metro e mezzo..
La life-line è il cavo che corre da poppa a prua cui ci si può legare se si sta in pozzetto, nel caso in cui manchino i golfari interni, e quando si deve per qualche motivo lavorare in coperta.
Per inciso, nell’uso comune si chiama life-line. Più correttamente, la life-line è il penzolo, la cintura che parte dalla nostra imbracatura; il cavo che corre da prua a poppa si chiama jack-line.
A prescindere dal tipo di cavo utilizzato, tessile o in metallo, la cosa importante è la sua resistenza, e la resistenza degli ancoraggi. In commercio ci sono life-line apposite, progettate per carichi di lavoro e rottura specifici. Nel caso si utilizzi una cima di bordo, e spesso lo si fa, dobbiamo essere certi che sopporti un carico di rottura di almeno 1500 chili.
Di solito si applicano le estremità della life-line alle bitte di ormeggio. Ma si deve verificare che siano ancorate in modo adeguato, con contropiastre e bulloni passanti. In caso contrario si possono fissare le estremità del cavo alle basi dello strallo di prua e di poppa.
Due life-line per murata, che passino il più interne possibili e quando si deve usare, si utilizzi sempre quella sopravvento salvo necessità particolari.
A bordo c’è come dotazione obbligatoria, l‘anulare con trenta metri di cima galleggiante e la boetta. La luce è abbastanza fioca, ma ciononostante serve. Quindi, non dimentichiamoci di controllare sempre il suo funzionamento. Inoltre, visto che l’anulare legato alla barca, una volta in acqua, se non viene afferrato se ne va dietro alla barca stessa, dotiamoci di un secondo anulare da lasciare libero e che possa essere raggiunto a nuoto dal naufrago.
Ma oltre questa dotazione particolare, è indispensabile avere fissata sul pulpito di poppa un’asta IOR, anche gonfiabile. Una volta lanciata in acqua, sarà ben visibile perché molto più alta della testa di una persona spesso nascosta dalle onde, e anche la sua luce, mediamente più potente di quella della boetta, sarà molto più visibile ad una altezza superiore.
E sempre per quanto riguarda le luci, esistono in commercio delle luci stroboscopiche personali, che possono essere fissate al braccio o alla imbracatura del giubbino autogonfiabile. Chi è di turno di notte, è bene che la indossi.
Se scegliamo di navigare, lo ripetiamo, non possiamo pensare di muoverci in una dimensione totalmente esente da rischi. I nostri comportamenti, il nostro abito mentale e qualche soldo in più speso per le dotazioni di sicurezza anche non obbligatorie, contribuisco a ridurre di molto i rischi e ad innalzare le possibilità di uscire con successo da un’emergenza.
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Anche questo un ottimo articolo!