Al porto di Piombino il piroscafo Andrea Sgarallino fa suonare la prima sirena che si perde nel cielo cupo. Sono le otto del 22 settembre 1943. In banchina, tra valigie e zaini, circa duecento soldati e cento civili aspettano di salire a bordo per far ritorno a casa: l’isola d’Elba.
Un bimbo chiede: «Perché saliamo sulla nave militare?»
«È un traghetto, non una nave militare» spiega la mamma, aprendo l’ombrello.
«E perché sventola la bandiera nazista?» insiste lui «E ha il vestito verde?»
«Nessun vestito verde… è la livrea militare. Stai tranquillo, si sono solo dimenticati di ridipingere il piroscafo e di togliere quella bandieraccia».
«Ma che cosa sta raccontando al suo povero bambino?», si intromette severo un uomo anziano, «gli dica la verità, gli dica che la nave deve far finta di essere tedesca… così i tedeschi non ci attaccano. Mi sono spiegato?», e si calca rabbioso il berretto.
La madre prende il piccolo per mano, sta per rispondere ma la sirena avverte una seconda volta: otto e quindici minuti. Volta le spalle all’uomo e sale sulla scaletta.
Anche Galeazzo Ciano, il genero di Mussolini, ha deciso di raggiungere l’Andrea Sgarallino.
Vuole recuperare uno dei suoi famosi diari nascosto all’Elba in casa di amici di famiglia. Non riuscirà ad imbarcarsi. Qualcuno lo informa che Mussolini sta per farlo arrestare, l’accusa è di alto tradimento: al Gran Consiglio del Fascismo Ciano ha osato votare contro il Duce. Riesce a sottrarsi all’arresto e a scappare a Monaco.
L’Andrea Sgarallino alle otto e trenta suona l’ultima sirena e chiude i portelloni. Inizia la navigazione. Sarà l’ultima. Il Capitano di Vascello Carmelo Ghersi discute con il primo ufficiale: sarebbe più prudente attraccare in Corsica, già occupata dagli alleati. Nessun cambio di rotta! Si attraccherà a Porto Ferraio, all’isola d’Elba.
Sono le nove e trenta, il piroscafo supera la località Nisportino nella zona nord-orientale dell’isola d’Elba, avvista Forte Stella. Qualche minuto e getterà l’ancora. Un sommergibile Hms Uproar della marina britannica lo incrocia.
Il capitano Laurence Edward Herrik non ha dubbi: bandiera e livrea militare nazisti. L’ordine è immediato. Un siluro centra il piroscafo, lo squarcia in due, un fumo denso si alza nel cielo. Gli abitanti dell’isola assistono sgomenti. Arrivano fino a loro le urla disperate dei passeggeri ma non possono intervenire, il sommergibile è ancora lungo costa.
Le fiamme si spengono, la nave s’inabissa. Solo quattro i superstiti. Per tutti gli altri, sottocoperta a causa della pioggia, nessuno scampo.
Nei giorni successivi i corpi dei passeggeri riaffiorano a decine. Ciano Galeazzo ha scampato quella morte ma non la condanna: sarà fucilato pochi mesi dopo al poligono di Porta Catene a Verona, su ordine di Mussolini. Di schiena, come si fa con i traditori.
Nel 1961 il relitto dell’Andrea Sgarallino viene individuato a sessantasei metri di profondità davanti punta Nisportino (Lat.42 44/991 N Long.010 2F.545) riverso sul fianco di babordo e spezzato in due. Oggi negli abissi di quella porzione di mare il relitto giace accompagnato da una laconica targa commemorativa: in memoria delle vittime del piroscafo “A.Sgarallino”. In memoria di Ciano Galeazzo vie, piazze, palazzi e targhe in diverse città italiane.
(Ricordiamo solo quello che ci fanno ricordare)
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