Velisti dispersi in Atlantico . Cosa sappiamo e cosa non sappiamo

Velisti dispersi in Atlantico

L’imbarcazione Bright è un Oceanis Clipper 473 bianco, è salpata da Horta con due persone a bordo, Aldo Revello ed Antonio Voinea,  il 28 aprile 2018. Le condizioni meteomarine erano buone.

Il Bright, l’imbarcazione dei due velisti dispersi in Atlantico

Il 2 maggio, alle 13,48 UTC, l’Epirb dell’imbarcazione ha trasmesso una richiesta di soccorso in posizione 37°35’N 17°57′ W, smettendo di trasmettere poco dopo.

I soccorsi portoghesi sono intervenuti nella zona, poi anche la Marina italiana, e hanno setacciato oltre cinquemila miglia quadre senza trovare né la barca né i naufraghi e nemmeno, però, evidenze del naufragio.

Queste sono le cose che sappiamo. Ma sappiamo anche altre cose.

Sappiamo che l’Epirb in dotazione poteva essere azionato solo manualmente, perciò in quel momento qualcuno a bordo si era reso conto di un problema grave.

Sappiamo che anche il telefono satellitare non è più stato raggiungibile.

Sappiamo che esistono procedure di comunicazione in mare, per diramare segnali di allarme e chiedere attenzione. Che sul canale 16 VHF (o 2.182 kHz per apparati SSB), su cui è obbligatorio sintonizzarsi, vengono ripetuti regolarmente nella zona interessata i messaggi “securité”, persegnalare pericoli alla navigazione (per esempio la possibilità che il relitto del Bright sia alla deriva) e i messaggi “pan”, per segnalare con urgenza la presenza di imbarcazioni o persone in difficoltà.

Sappiamo che è costantemente diramato un messaggio di  warning nella zona del naufragio e nella zona, ormai sempre più ampia, di possibile scarroccio.

La simulazione del Cnr restringe il campo delle ricerche dei velisti dispersi in Atlantico

Sappiamo che queste procedure vengono applicate sempre con precisione rigorosa e sistematica. Sappiamo che ci sono persone addestratissime e attrezzature sofisticatissime e costose, predisposte all’intervento e al controllo. Le abbiamo viste funzionare con i nostri occhi.

Sappiamo che nella zona dell’ultimo segnale, in questo periodo dell’anno in particolare, il traffico di
navi e barche è molto fitto.

Sappiamo che esistono norme di diritto della navigazione e di diritto internazionale, e persino polizze assicurative, che esplicitamente trattano il soccorso a naufraghi e imbarcazioni (per esempio, escludendo taglie e ricompense).

Sappiamo di casi di naufraghi che hanno resistito mesi alla deriva.

 

Sappiamo infine, certamente, che ci sono due famiglie in ansia per i propri cari.

Tutto il resto sono cose che non sappiamo.

Non sappiamo che tipo di problema abbia avuto la barca. Non sappiamo dove fossero, cosa facessero e come stessero i due velisti al momento del problema.

Non sappiamo per quale motivo l’Epirb abbia smesso di trasmettere (che sia andato a fondo è un’ipotesi, ma non una certezza).

Non sappiamo dove fossero, e in quale stato, le dotazioni di sicurezza. Non sappiamo se la barca è affondata o se ancora galleggia.

Non sappiamo nemmeno bene come è fatta la barca, dato che sono state diffuse moltissime foto
dei naufraghi, ma poche dell’imbarcazione.

Non sappiamo se la zattera di salvataggio sia stata lanciata in mare, se si sia gonfiata, se i due uomini siano riusciti a salirci.

Non sappiamo, scientificamente parlando, fino a che punto siano precisi i modelli sviluppati dalle autorità portoghesi e dal Cnr italiano per prevedere lo scarroccio della zattera (o della barca?).

Non sappiamo se chiunque riceva i messaggi di warning abbia poi l’attenzione e la vista adatti alla bisogna.

Un’altra cosa sappiamo. Che si sono creati intorno alle famiglie dei due velisti gruppi social di solidarietà, iniziative spontanee (e disordinate) e appelli all’intervento di vario tipo e con vari destinatari.

Ma sappiamo tutti che nei momenti di emergenza, è meglio non fare baccano e non fare confusione con idee, interpretazioni, fantasie, romanticismi, sfoghi, rabbie, complotti, segni d’affetto e commozione.

Sappiamo che non è il caso di divulgare informazioni non verificate, di improvvisarsi esperti di argomenti ignoti, di semplificare (ho visto in tv la dimostrazione di apertura di una zattera, in cui sembrava che si aprisse da sola una volta in acqua… ecco, per esempio, ricordatevi che se non estraete del tutto e strattonate con forza la lunghissima cima che la lega, non si aprirà mai) o di trovare spiegazioni e soluzioni affidandosi al proprio intuito o buon senso o semplicemente ottimismo.

Perché in mezzo a tanta voglia di partecipare, certo in buonafede, si rischia di far perdere le
informazioni davvero utili.

Perché insomma, le cose che sappiamo sono migliori di quelle che non sappiamo.

E perciò, continuiamo a sperare.

Isolaria Pacifico

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  • Finalmente leggo qualche cosa di sensato sull'argomento.
    Eccellente articolo.

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