Situato all’ultimo piano di un edificio in vetro in Via Nuova Marina, sospeso tra il mare e il cielo di Napoli, sorge Victory Design, studio di progettazione navale, impero creativo che il virtuoso Brunello Acampora governa con passione da quasi 30 anni.
Oltre 300 mq di cristallo affacciati sul golfo, dove il vetro delle pareti sposa i marmi bianchi dei pavimenti, i cavi degli impianti elettrici e di illuminazione scendono a grappolo sulle scrivanie mentre le luci algide di neon e faretti rimbalzano sulle carene gialle dei modelli in scala ancorati al soffitto, conferendo all’ambiente una luce calda e famigliare. “La creatività è la risposta che apre” lessi tra le pagine di un vecchio volume universitario, ed effettivamente in Victory ogni cosa appare aperta, anche gli uffici, separati dalle sole pareti in vetro, non si chiudono mai.
Lo studio di progettazione fondato nel 1989 a Torino, in principio si occupa quasi esclusivamente di imbarcazioni da competizione, catamarani classe 1, offshore e veloci monocarena. Nel corso degli anni subisce una profonda evoluzione per mano e mente di Brunello Acampora, sviluppando un notevole approccio multidisciplinare. Ecco che allora quando il padrone di casa, con proverbiale cortesia, m’invita ad accomodarmi nel suo studio, stringo la mano ad ingegneri, architetti, progettisti, designer, e il mio sguardo viaggia da un monitor all’altro, catturando con gli occhi le immagini più disparate. Progetti di barche, yacht, super yacht, tender, carene abbozzate su fogli di carta, complessi progetti per la propulsione e il controllo navale ad alta tecnologia attorno ai quali si concentrano le spiegazioni tecniche di abili ingegneri.
“Victory Design parte da uno studio di yacht design che resta sempre e costantemente al centro del nostro interesse, ma in tutti questi anni abbiamo volutamente esplorato quasi tutti i settori del design” mi racconta Brunello “Victory nasce dal desiderio di fare yacht design, nel senso più italo-anglosassone del termine, gli anglosassoni da tempo hanno avuto la lucidità di teorizzare bene che cosa sia il total design. La figura dello yacht designer è un po’ come quella dell’industrial designer, non può limitarsi a spalmare dello stile sopra a uno scheletro funzionale ma deve avere una visione a 360° del prodotto”.
L’aspetto più originale del lavoro dello studio napoletano risiede proprio nella capacità di gestire l’intera filiera progettuale, partendo da aspetti tecnici specialistici quali carena, propulsione e dimensionamento strutturale, per arrivare alla definizione formale e stilistica dello yacht, sovrastrutture e interior design inclusi. Tale capacità è frutto di una precisa scelta imprenditoriale, che ritiene sia impossibile innovare radicalmente se non si controllano tutti i principali parametri del progetto. Sfatata l’erronea credenza che la creatività del designer sia confinata a puro esercizio stilistico, la stessa non può prescindere da logiche commerciali sui cui binari si tiene ben salda.
“Il design sta al commerciale come l’aerodinamica sta alla fisica. Se un aeroplano non ha una buona aerodinamica non vola per le leggi di fisica, se un prodotto non ha un buon design non si vende. La parte di percezione del prodotto, da un punto di vista estetico, tattile, di volumetrie è fondamentale in un ambito di mercato il cui driver di acquisto è quasi puramente emotivo” asserisce Brunello, mentre il mio sguardo scivola inevitabilmente aldilà delle grandi finestre e si posa sui profili severi delle navi commerciali che dormono in porto. Che incanto, penso tra me e me, se mi sporgo appena il mio sguardo s’inchina al cospetto del maestoso Vesuvio e intervistare Brunello Acampora si trasforma in un viaggio tra le isole dell’arcipelago napoletano, a bordo di una barca che indossa una sua carena.
Carene, per cui il progettista napoletano e la sua Victory Design da sempre si sono contraddistinti nel panorama nautico internazionale. È loro la penna che ridisegnò la carena del Cigarette “The fantastic 1”, mito della motonautica mondiale, per il campionato mondiale Powerboat 1.
Anche l’Arcidiavolo, considerata la prima concept boat italiana, vanta la firma dello studio napoletano. Alla carena a “triciclo rovesciato”, ideata negli anni ’70 da Sonny Levi e reintepretata da Victory, sono state riconosciute qualità che meritano di essere applicate nel diporto e nel settore agonistico, tanto da diventare una barca di serie (GT) e da corsa (GTS).
“E’ un atto dispregiativo verso l’utente finale pensare che una carena non conti nulla. La carena di una barca sta alla struttura di un palazzo, dai per scontato che sia adeguata alla sua funzione. Non bisogna nemmeno estremizzare, non si può nemmeno comprare una barca solo perché ha una grande carena, però allo stesso tempo è un punto di partenza, diamo per scontato che le barche devono avere delle ottime carene. Se si mira ad instaurare un rapporto di fedeltà con l’armatore se non cominci da una buona carena gli vendi una barca forse due, ma non arrivi alla terza”. Quando il Gruppo Ferretti gli affidò l’incarico di progettare la linea Dolphin di Mochi Craft, il successo fu planetario e fu proprio la “Lobster Boat” italiana che aiutò Mochi a riposizionarsi completamente sul mercato. “Ancora oggi sono in contatto con moltissimi armatori fedeli, non conosco nessuno che abbia avuto solo una Dolphin” conclude soddisfatto Brunello, mentre fa scivolare lo sguardo verso il mock-up Dolphin posato sulla sua scrivania.
Victory Design è un luogo senza spazio né tempo, dove l’innovazione non disdegna la tradizione, ed ingegneri, architetti e progettisti sono costantemente impegnati a studiare come far dialogare la storia con il futuro della nautica. Suona bene parlare di futuro, fino a qualche tempo fa per dovere di informazione si era costretti a mostrare una nautica moribonda e ferita, ci si rivolgeva agli “esperti” del settore con un sorriso capovolto domandando loro di fornirci una “pillola anticrisi”.
Senza pretese di elevarmi ad economista quale non sono, vedo e leggo buoni numeri e percentuali che crescono rapidamente, ne prendo atto e rimpinguo le tasche della mia conoscenza, ma evito di trasmetterli perché non mi appartengono. Ciò che mi appartiene invece, sono le storie che mi vengono raccontate e che tento di filtrare con un lieve spirito critico. La storia di Victory (in italiano Vittoria n.d.r) filtrata dalla memoria del progettista Brunello Acampora, è la storia di una grande famiglia di ingegneri, progettisti, designer ed architetti che disegnano, progettano e costruiscono il futuro della navigazione, con spirito di innovazione e fiducia nell’avvenire più prossimo.
“Vorrei realizzare una barca con il marchio Victory Marine, assolutamente non in concorrenza con nessuno perché è un barca che non esiste sul mercato. E’ una barca tagliata su una fascia di mercato precisa generazionale. Per utenti finali che del gommone non amano l’aspetto formale ma ne apprezzano la praticità, che della barche apprezzano l’aspetto formale ma non ne tollerano né il prezzo né la mancanza di praticità. Non esiste oggi, sul naviglio minore, la possibilità di intendere il tempo di viaggio come tempo di vacanza. Il concetto di viaggio abitato è relativamente poco diffuso. La velocità è una delle emozioni dell’uomo però il concetto di viaggio è unico, ed è probabilmente quel gusto di navigazione che i velisti conoscono ma i motoristi no. Ci deve essere una contaminazione tra questi due mondi”.
Si conclude così il mio viaggio nel mondo dello yacht design. Abbandono lo studio a malincuore e l’ultimo fotogramma che catturano i miei occhi è Brunello Acampora che, perso nel mare dei ricordi che il nostro conversare gli ha rievocato, sfoglia “Milestones in my Designs” di Renato “Sonny” Levi.