Abitano anche  a Udine, a Pordenone, a Padova, a Milano e non so dove ancora, alcuni dei numerosi soci del più prestigioso circolo nautico dell’Adriatico: il secondo, per anzianità, fra tutti quelli oggi esistenti in Italia. Il primo è lo Yachting Club Italiano di Genova.

L’ammissione allo Yacht Club Adriaco di Trieste segue una procedura particolare: prima è necessario trovare due soci ordinari che presentino la domanda e, solo dopo che la direzione ha espresso un parere positivo, bisogna ottenere il voto favorevole e segreto del 75 per cento dei soci anziani (ndr quelli con almeno cinque lustri di appartenenza); se poi tutto sarà andato liscio, il nome dell’aspirante socio resterà esposto all’albo per 15 giorni e, se ancora  nessun altro si sarà opposto, la domanda verrà definitivamente accolta.

Oltre alla quota annuale il neofita sarà tenuto a versare una analoga cifra di buona entrata. Ecco che, acquisito il diritto d’accesso a tutte le strutture del Club, il socio ha raggiunto soprattutto l’onore d’issare a riva della propria barca il guidone sociale.

Quando nel marzo del 1903 il guidone dell’Adriaco era stato sottoposto al vaglio dell’Imperial Regio Commissario Austriaco questo non lo aveva approvato perchè aveva capito, o gli era stato suggerito, che la croce rossa in campo verde, alzati sullo sfondo bianco delle vele, avrebbe formato la bandiera italiana. I tredici soci fondatori però non avevano mollato la presa e avevano imposto la loro scelta e tutt’oggi quel guidone sventola sulle imbarcazioni e nella sede sociale.

Casa Savoia quando ne era venuta a conoscenza aveva apprezzato quel gesto, tanto che nel 1923 l’intestazione del sodalizio era stata trasformata in: Reale Yacht Club Adriaco e poteva godere del patrocinio di S.M. il Re.

Tutto il circolo è un frammento della storia di Trieste se si considera che, allo scoppio della prima guerra mondiale, molti irredentisti giuliani avevano trovato il loro rifugio nei doppi fondi della sede galleggiante dell’Adriaco, per poi fuggire via mare in Italia per arruolarsi e combattere contro l’Austria. Questo rifugio si trovava nella terza sede, da quando il Club era stato fondato, e consisteva in un pontone galleggiante varato nel 1912 dai cantieri di Muggia, il quale  sostituiva una vecchia imbarcazione a vela da carico, che  consisteva in un “pielego”, usato come sede sociale già un anno dopo la fondazione.

Per circa dodici mesi i soci fondatori si erano riuniti in alcuni locali messi a disposizione da un socio nell’”Hotel de la Ville”, divenuta molti anni dopo una sede della Banca Popolare di Novara.  L’attuale palazzina in mattoni rossi, ancora intatta nel suo caratteristico stile liberty, era stata inaugurata nel 1925 quando ormai il Reale Yacht Club Adriaco era divenuto un centro nautico vivace e importante. I documenti dell’epoca ci confermano che, nel 1924, contava 444 soci e la flotta sociale poteva vantare: 2 yacht a vapore, 1 yacht a motore, 14 yacht ausiliari, 28 motoscafi e 80 yacht a vela. L’anno successivo i soci erano già diventati 627 e la flotta contava 116 imbarcazioni.

Ferveva l’operosità dei soci che avevano anche dato vita al Bollettino Mensile dell’Adriaco, nelle cui pagine si riportavano i successi sportivi e si promuovevano le raccolte di fondi per la costruzione della sede definitiva. Il motto del Circolo “Scienza, Fede, Coraggio”, inserito nel pavimento del salone, condensava lo spirito dei tempi e riassumeva i versi di un inno cantato dai soci molti anni prima, che così concludeva: Lesti lanciatevi, bianchi velieri, /come al galoppo vivi corsieri, /lesti lanciatevi al navigar, / viva San Giusto sempre sul mar!

Pagine allegre e pagine tristi, come quando nel 1945 i soci erano stati costretti ad asportare tutti gli arredi per salvarli da eventuali bombardamenti o dal pericolo che saltasse tutto in aria dopo che il molo Sartorio era stato minato. La sede del Circolo in quegli anni era stata requisita dalla Marina inglese ed è solamente più tardi che un comandante della Royal Navy, appassionato velista, attenuerà l’occupazione del circolo.

Nel 1948 l’Adriaco aveva mille soci e 145 imbarcazioni che, nell’immediato dopoguerra, veleggiavano rasentando le zone ancora minate, ma nonostante ciò erano riusciti a battere, in una cavalleresca e tiratissima regata, i gentlemen inglesi che occupavano il Territorio Libero di Trieste.

Oggi resta un ricordo di quei tempi nella sfilata delle vecchie signore del mare, ormeggiate ed esibite davanti all’ingresso del Club, e tra queste purtroppo sono venute recentemente a mancare due prestigiose presenze: il “Bat” di Carlo Sciarrelli, un piccolo yacht inglese del 1889 e il vecchio “Maris Stella” della famiglia  Pecorari, costruito nel 1904 per essere, con il nome “Elly”, la barca-scuola degli allievi della Marina austroungarica, divenuta poi preda italiana nella guerra ’15-’18.

Ogni volta che mi era possibile, trasgredivo con intima gioia i regolamenti di questo Club ed entravo nei suoi recinti ad ammirare lo slancio di poppa del Martin Pescatore di nonno Ervin, o la linea filante di “Auriga”. Se poi trovavo il bar aperto, esageravo, poiché mi gustavo un caffè in compagnia degli illustri fantasmi di quella gloriosa sede.

La sede dello Yacht Club Adriaco, con la sfilata delle signore del mare, vale molto ma molto di più di una trasgressione!

Buon vento.

Gennaro Coretti

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  • Nel leggere con piacere il vostro pezzo, volevo segnalarvi che il Bat, tiene ad oggi ancora ormeggio all'YCA e non vi sono previsioni di cambio.

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