Fuggono con lo yacht per non pagare gli stipendi dei marittimi. Sequestrata la barca a Savona

Il giudice del tribunale di Lucca aveva disposto il sequestro conservativo dello yacht Sofia 3, ormeggiata negli scorsi mesi nel porto i Viareggio, ma la risposta data dall’armatore è stata un tentativo di fuga della barca (con tanto di spegnimento dei dispositivi di rintracciamento automatico tipo Ais) nella speranza di eludere la legge e i suoi obblighi. Fuga terminata nel porto di Savona dove il 43 metri in questione è stato scovato, e nuovamente messo sotto controllo.

Il porto di Viareggio, dove il Sofia 3 doveva restare ormeggiato a disposizione delle autorità.

Una storia che potrebbe essere divertente se non ci fosse alla base la totale mancanza di rispetto delle regole e delle persone che per lei lavorano, da parte della società armatrice del Baglietto 43 metri Sofia 3. Il megayacht costruito nel 2008 e battente bandiera delle isole Marshall è di proprietà di una società con sede alle isole Cayman. Da notare che entrambi i Paesi sono inseriti nella più recente Black List Cfc (Controlled Foreign Companies, imprese controllate estere) per gli stati con regime fiscale particolarmente basso o inesistente e scarso o assente scambio di informazioni bancarie.

Il Baglietto 43 metri Sofia 3.

Negli scorsi mesi due marittimi di nazionalità croata che avevano lavorato a bordo dello yacht ormeggiato a Viareggio, avevano sporto denuncia contro la società armatoriale rea di non pagare da tempo i loro gli stipendi. Così il 19 aprile scorso diventava operativo il sequestro conservativo ordinato dal tribunale di Lucca chiamato a dirimere la questione. Proprio quel giorno, però, il Sofia 3 era sparito nel nulla rendendo di fatto inutile quanto disposto dal giudice toscano. Tuttavia, Bruno Neri e Matteo Pollastrini, i due avvocati livornesi che seguono le sorti dei due querelanti, hanno ricostruito ciò che è successo nelle ore successive consentendo di rintracciare il Baglietto fuggiasco. Secondo quanto affermato dai due legali, l’equipaggio ha disattivato anche il segnalatore di posizione dello yacht per renderlo ulteriormente ‘invisibile’, ma non è stato sufficiente a garantirgli l’incolumità grazie ad alcune informazioni raccolte nell’ambito portuale che hanno reso identificabile Savona come meta della fuga. La capitaneria di porto locale, ha così potuto provvedere a un nuovo sequestro e vincolo dello yacht.

Il marina turistico di Savona dove è stato rintracciato il Sofia 3 dopo la fuga.

Nelle disposizioni rilasciate, il tribunale di Lucca “autorizza i ricorrenti a procedere al sequestro conservativo del maxi yacht fino alla concorrenza della somma di 35mila euro”, vieta al proprietario e armatore di “disporre della nave e dei suoi carati e al suo comandante di farla partire senza ordine di giustizia” e “alla capitaneria di porto di Viareggio, o a quella ove si trovasse la nave, di non rilasciare le spedizioni a detta nave, salvo diverso provvedimento di giustizia difforme o salvo consenso del sequestrante”. La questione assume tinte ancora più spiacevoli pensando che non si tratta di un imbarcazione a esclusivo uso privato (e non che questo sarebbe sufficiente a legittimare un comportamento del genere), ma attiva nel mondo del charter, dove è ancora offerta alla cifra settimanale di 135mila euro, cui ci sono da aggiungere le spese vive per l’utilizzo: carburante, porti e cambusa. Facile immaginare che la cifra non sia stata corrisposta ai lavoratori più per volontà che per impossibilità.

Giacomo Giulietti

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  • Mi piacerebbe sapere chi e' quello scellerato comandante che si assume il rischio di partire infischiandosene della restrizione emessa dal giudice.
    Spero non sia un Italiano; di fango addosso di recente ce ne hanno versato anche troppo.

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